Gli uomini arrabbiati della nostra famiglia

Gli uomini arrabbiati della nostra famiglia

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La rabbia è un’emozione potente, spesso fraintesa e quasi diventata un tabù nella nostra società. Molti la vedono come qualcosa di negativo, da reprimere, quasi una vergogna. Eppure, ti sei mai fermato a pensare che la rabbia, in realtà, è un movimento che salva la vita? Dal punto di vista antropologico e biologico, è una risorsa indispensabile per la nostra sopravvivenza. Meno male che esiste!

Il problema nasce quando inseriamo questa emozione primordiale in un contesto sociale complesso come il nostro. Non sapendo più cosa sia veramente la rabbia, abbiamo iniziato ad averne paura. Non ci sentiamo più legittimati ad arrabbiarci e questo crea non pochi problemi. Perché, vedi, non è che smettiamo di provare rabbia; semplicemente, non sapendo come gestirla, questa emozione trova altre strade per manifestarsi, con ripercussioni di vario tipo.

Il rancore territoriale: quando il corpo parla

Parliamo, ad esempio, del rancore territoriale. Quando veniamo qualcuno ci sottomette, sentiamo di essere ingiustamente spodestati, si innesca con un relè, un bottoncino della corteccia cerebrale che attiva, in un ordine preciso che ne rappresenta l'intensità, una serie di organi:

  • Stomaco: Il primo livello si attiva in alcune piccole zone ectodermiche dello stomaco. È il preludio di qualcuno che vuole gestirmi, è imminente o già in atto seppure in maniera "leggera". Il tessuto si ulcera lentamente per fare spazio a un boccone indigesto. Lo stomaco è come se non volesse il "tocco" di questo boccone (reale o traslato che sia). Questa ulcera causa dolore ed è un segnale. Esempio: la suocera che telefona tutte le notti.
  • Dotti biliari: Se l'invasione del nostro "territorio" (che può essere la casa, il lavoro, le relazioni) diventa più concreta, si attivano i dotti biliari. La sensazione è quella di un vero e proprio attacco. Anche le pareti dei dotti biliari della cistifellea che ulcerano per favorire la circolazione della bile (e favorire la digestione del rospo difficile da mandare giù) possono nel breve tempo causare fastidio o dolore. La sensazione è di sottomissione senza poter neanche reagire. Esempio: la suocera che si auto-invita a cena da te con l'accettazione tacita del partner.
  • Dotti pancreatici: Il terzo e più intenso livello si manifesta quando ci sentiamo completamente scacciati, cacciati fuori dalla nostra "tana". La sensazione è di aver perso qualcosa con cui ti identificavi e non puoi manco reagire. Qui avviene ulcera che può essere in tempo breve dolorosa. La riduzione cellulare nei dotti pancreatici serve per favorire il flusso dei succhi pancreatici, stavolta non per digerire la sottomissione, bensì per digerire più velocemente il cibo, velocizzare quindi la produzione di energia ed essere più prestante nella lotta per difendere il territorio. Esempio: la suocera ti butta fuori da casa tua e vende i tuoi mobili.

Capire questi meccanismi è fondamentale. Se non comprendi cosa sta succedendo nel tuo corpo, l'unica cosa che ti rimane è pensare che ci sia qualcosa di rotto, un difetto, una "patologia". Ma non è così. Il corpo non si sta guastando, non è "psicosomatica". Sta mettendo in atto una risposta adattativa, sensata e biologica, che ha solo bisogno di essere compresa con un po' di pazienza.

Quando oltre al relè del rancore territoriale si attiva sull'altro emisfero della corteccia cerebrale il relè dell'identità - non sapere qual è il proprio posto nel branco - il rancore si trasforma in rabbia manifesta. Se il conflitto territoriale a destra è più intenso, questa rabbia si riversa sulla persona stessa (per esempio con l'autolesionismo), se invece è il conflitto di identità a sinistra a essere più intenso, allora la rabbia si sprigionerà verso l'esterno, cioè sugli altri. È in atto, in ogni caso, un super programma di sopravvivenza: la costellazione bioaggressiva. La rabbia manifesta serve a fare rumore, a creare agitazione e potersi riprendere un territorio e un'identità nel branco. Costi quel che costi.

La rabbia non è un difetto, ma una risposta ovvia, adattativa, con un senso biologico specifico che va un attimo capito con pazienza.

La rabbia nell'uomo: un urlo, un peso, uno spazio

Concentriamoci un attimo sulla rabbia nel mondo maschile. Spesso, per un uomo, la rabbia è ciò che emerge quando non può piangere, quando ha perso il suo posto nel sistema o quando c'è un "movimento interrotto" verso la figura paterna (nelle antiche tribù, era il padre che faceva conoscere la figlia o il figlio al resto del gruppo. È il padre che dà identità e territorio). Un uomo arrabbiato è frequentemente un uomo che giudica o rifiuta suo padre. Chi è in pace con il proprio padre, restando figlio, trova una forza quieta.

Un uomo che grida è un uomo il cui silenzio non è mai stato ascoltato. È un tentativo, biologicamente sensato, di radicarsi nella vita, di affermare il proprio diritto di appartenenza. A volte, la rabbia cronica diventa un modo per occupare uno spazio che altrimenti sarebbe vuoto, un modo un po' goffo per dire: "Esisto. Se non urlo, scompaio".

Altre volte ancora, l'uomo arrabbiato è il portatore del dolore del suo intero sistema familiare. Porta una colpa, un peso che non è nemmeno suo, ma che appartiene a un antenato non onorato, a un escluso, a traumi passati come una guerra.

Come relazionarsi con la rabbia

Se vivi accanto a un uomo così arrabbiato, la tentazione potrebbe essere quella di combattere la sua rabbia o di cercare di cambiarlo. Ma il primo, grande passo è un altro: guardalo. Osservalo senza giudizio. Vedrai che il suo comportamento inizierà a mutare, perché stai guardando un programma biologico che si sta esprimendo.

E poi, fai un passo in più: guarda oltre lui. Chi c'è alle sue spalle? Spesso c'è suo padre, suo nonno, la sua stirpe.

E se potessimo parlare direttamente a quell'uomo arrabbiato, potremmo dirgli:

"Tu che sei arrabbiato, io ti vedo. Non come un problema da risolvere ma come un fuoco che non ha il suo spazio. Chi ti ha escluso? Dove ti sei perso? Torna a sederti tra gli uomini non per vincere ma per appartenere."

Un incontro inaspettato: la biologia in azione

Qualche sera fa, passeggiando, mi sono imbattuto in un gruppo di ragazzi un po' alticci e uno di loro, particolarmente agitato, ha iniziato a sbraitare verso di me. In quel momento, ho riconosciuto subito un programma biologico legato al conflitto di identità (costellazione bioaggressiva, ricordi?). Avrei potuto reagire in mille modi, ma ho scelto di applicare i principi delle Bioscienze Sistemiche.

Invece di scontrarmi con lui, ho puntato direttamente ai suoi amici, scherzando e ridendo con loro. In un attimo, sono entrato nel "branco", e lui ha perso la sua posizione di forza. Poi, per integrarlo, ho fatto un altro passo: "In onore del vostro amico, offro da bere a tutti!".

Qualcuno si è stupito: "Ma perché proprio per lui?". E io ho risposto: "Perché in questo momento è agitato perché vuole essere visto da voi". È stato incredibile vedere come l'atmosfera sia cambiata. Quel ragazzo si è calmato, si è scusato, e abbiamo finito per bere una birra tutti insieme, come se nulla fosse.

Questo episodio mi ha confermato una cosa importante: c'è sempre uno spiraglio per l'amore, anche nelle situazioni più tese. La rabbia diventa un movimento di morte solo quando c'è un morto che non viene visto. Ma se tu vedi il vivente che hai di fronte e riconosci che c'è qualcosa che ha bisogno di esprimersi, allora tutto può cambiare.

La vita non è un'agenda o un calendario. La vita è l'urlo che esce dalla gola, è un pugno sul tavolo, ma è anche una coccola, nutrimento, godimento. Sta a noi trovare il modo più bello per esprimerla.

Un abbraccio fortissimo e buon godimento a tutti.

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