Impotenza appresa: una barriera invisibile tra noi e i nostri desideri

Impotenza appresa: una barriera invisibile tra noi e i nostri desideri

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Penso spesso a quanto sia vasto il potenziale umano. Credo sinceramente che ci siano pochissime cose che un essere umano non possa realizzare. Certo, alcune appartengono al mondo della fantascienza e forse non sono nemmeno così interessanti, ma la gamma di possibilità reali a nostra disposizione è così ampia da ricordarci costantemente quanto siamo meravigliosi.

Eppure, a volte, siamo noi stessi a fermarci. Siamo noi a mettere i bastoni tra le ruote al nostro motorino, proprio quando la strada verso i nostri sogni sembra spianata. Ma perché lo facciamo? La risposta, molto spesso, non si trova all'esterno, ma dentro di noi, nella nostra biologia e nella nostra storia.

L'impotenza appresa: quando il nostro cervello dice "stop"

Per capire questo meccanismo, possiamo prendere spunto da alcuni esperimenti, che personalmente non condivido ma dai quali possiamo trarre un'utile lezione. In questi studi, ben documentati, alcuni topi venivano sottoposti a stimoli spiacevoli e, soprattutto, incontrollabili. Ad esempio, ricevevano delle piccole scosse o non riuscivano a raggiungere il cibo nonostante tutti i loro sforzi.

Cosa succedeva? Dopo un po', i topi smettevano di cercare soluzioni. Perdevano persino interesse per quel cibo. La cosa più sorprendente è che, anche quando l'ostacolo veniva rimosso e il cibo era facilmente accessibile, i topi restavano fermi, immobili. Non provavano nemmeno ad avvicinarsi.

Questo stato è noto come impotenza appresa. Non è una scelta razionale, ma un vero e proprio programma biologico che si attiva per risparmiare energia e conservare l'organismo di fronte a una situazione percepita come insormontabile. E la cosa interessante è che anche noi esseri umani funzioniamo esattamente allo stesso modo.

Un caso pratico: il blocco con il denaro

L'altro giorno, durante una nostra giornata di costellazione biosistemica a Milano, è emerso un esempio perfetto di questo meccanismo. Una giovane donna ha portato il suo tema: il desiderio di intraprendere un nuovo percorso lavorativo che la appassionava, frenato però dalla classica preoccupazione: "sì, ma intanto come pago le bollette?".

Abbiamo iniziato con un lavoro sistemico, perché la biologia di ognuno di noi è condizionata dal sistema familiare da cui discendiamo. Poi, siamo andati a esplorare il tema del denaro. Ed è qui che è avvenuta la magia della consapevolezza.

Mettendo in scena il denaro, questa donna ha percepito un blocco fortissimo. Ha sentito, in fondo al suo essere, di non meritarsi i soldi. Ha ammesso che non avrebbe saputo come gestirli, che quel denaro non "rientrava nelle sue vibrazioni".

Questa è stata una rivelazione fondamentale. Se il denaro è essenziale per raggiungere il tuo obiettivo e, una volta raggiunto, per nutrirti e darti vitalità, come puoi pensare di realizzare il tuo sogno se dentro di te lo rifiuti? Rischieresti di trasformare il tuo più grande desiderio in un incubo.

La radice del blocco: la lealtà invisibile verso la famiglia

Molto spesso, quando ci auto-sabotiamo, è perché non stiamo guardando nella direzione giusta. Come diceva Jung, "Chi guarda fuori sogna, chi guarda dentro si sveglia". L'ostacolo non era il lavoro dei sogni, ma il motore per arrivarci: il denaro. Se ho paura della benzina, come posso pensare di arrivare a destinazione con il mio motorino?

Questa donna, tornando a casa con la consapevolezza di non meritarsi i soldi, ha iniziato a porsi la domanda giusta: "A chi sto guardando veramente?". Spesso, questa svalutazione nasconde una paura profonda: la paura del tradimento.

  • "Se ricevo tanti soldi, rischio di essere felice".
  • "Se sono felice, potrei diventare più felice di mia madre, che magari è sempre stata un po' depersa".
  • "Questo mi farebbe sentire terribilmente in colpa".

È un meccanismo inconscio, un amore cieco e infantile che ci porta a sacrificarci per rimanere leali a un genitore. Biologicamente, il denaro equivale a nutrimento, a cibo. E chi è la prima fonte di cibo e di vita? La mamma. Rifiutare i soldi, quindi, può essere un modo per non "tradire" l'infelicità di nostra madre, prendendocela simbolicamente sulle spalle.

La chiave di volta: rimettersi al proprio posto e crescere

La soluzione non è certo colpevolizzare i nostri genitori. Anche le mamme sono esseri umani, con i loro destini e le loro difficoltà. La chiave di volta è cambiare prospettiva.

È guardare quel genitore e dirgli, dentro di noi:

"Mi hai dato tanto, mi hai nutrito, hai investito su di me. Hai avuto le tue battaglie e le tue fatiche, ma nonostante tutto mi hai dato qualcosa. Ora io prendo quel qualcosa e ne faccio tesoro. Ne faccio qualcosa di buono per la mia vita".

Significa rimettersi al proprio posto: rimanere "piccoli" rispetto ai nostri genitori, onorando la vita che ci hanno dato, ma diventare finalmente adulti, responsabili della nostra felicità.

Il mio augurio per tutti voi è proprio questo: realizzare i sogni e i desideri che vi producono endorfine e tanto, tanto godimento.

Buona felicità a tutti!

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