La Prima Legge Biologica: lo shock biologico [1/5]

La Prima Legge Biologica: lo shock biologico [1/5]

E se la malattia non fosse quello che ci hanno sempre raccontato?

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In questa serie di articoli analizzeremo le 5 Leggi Biologiche, non solo nella loro forma classica, ma le esploreremo già in una chiave più ampia, quella delle Bioscienze Sistemiche, per offrirti una visione il più completa possibile.

Partiamo subito con la prima, quella che getta le fondamenta per un modo tutto nuovo di intendere il nostro benessere e la vita.

Che cos'è la prima legge biologica?

Mettiamolo subito in chiaro, con una frase che potrebbe sembrarti rivoluzionaria:

Ogni cosiddetta malattia ha origine da uno shock biologico che attiva un programma della fisiologia speciale nel sincronismo psiche-cervello-corpo.

Lo so, è una frase densa. Per comprenderla, dobbiamo fare un piccolo sforzo mentale: dare un colpo di spugna a molto di ciò che ci è stato insegnato e ripartire da questo dato fondamentale: tutto inizia con uno shock biologico. Ma cosa significa? Non è per forza un trauma, non facciamoci ingannare dalla parola "shock". Si tratta di un percepito animale, istintivo, un sentito biologico che riguarda un evento con tre caratteristiche precise:

  • È acuto e del tutto inaspettato.
  • Viene vissuto con un profondo senso di isolamento.
  • Ci fa sentire senza risorse sufficienti per affrontare la situazione.

Questo isolamento non significa necessariamente essere soli. Potremmo essere circondati da amici e familiari, ma se non condividiamo con nessuno l'impatto di quell'evento, o se non sentiamo che qualcuno possa davvero aiutarci con la propria presenza, lo viviamo in solitudine. È il lupo senza branco che deve fronteggiare qualcosa che incombe su di lui. Pensiamo alla classica mamma con sette figli: sono i suoi figli, deve prendersi cura di loro, non può farsi accudire da loro. Quello è il suo ruolo, e in quel ruolo può sentirsi sola di fronte a uno shock adattativo.

Ridefinire la "malattia": un cambiamento biologico, non una disgrazia

Avrai notato che uso l'espressione "cosiddetta malattia". Il motivo è semplice: quella che chiamiamo malattia non è una disgrazia o un guasto del corpo, oppure un malfunzionamento e neppure un "male" casuale che ci colpisce. È, invece, un cambiamento biologico sensato, un programma speciale che si attiva per uno scopo preciso e a favore della vita.

Siamo in salute quando abbiamo il potere di superare i conflitti con l'ambiente, di gestirli e andare avanti. Questa è la salute attiva: un cammino, a volte impegnativo, di ricerca e comprensione di noi stessi attraverso le sfide che la vita ci pone, con l'obiettivo di vivere una vita con meno paure.

Come diceva Platone, c'è una differenza enorme tra la "medicina degli schiavi" e la "medicina degli dei".

  • La medicina degli schiavi si limita a dare il palliativo, a soffocare il sintomo per far tornare la persona al lavoro il prima possibile.
  • La medicina degli dei, invece, è più impegnativa. Richiede tempo, perché considera la persona nella sua interezza: psiche, cervello, corpo e l'ambiente in cui vive.

Quando andiamo dal medico, dovremmo entrare nel suo studio come il dio che siamo, non come uno "schiavo". Nella maggior parte dei casi, già da piccoli, ci è stato insegnato ad assumere un atteggiamento passivo, tanto da delegare totalmente e in maniera cieca la nostra salute al proprio medico. È un modo. Un altro potrebbe essere quello di conoscere come funziona biologicamente il proprio organismo. Sapere il perché di una specifica fenomenologia. Col medico allora si può finalmente trattare la propria fisiologia con cognizione di causa, da adulto che si rivolge a un altro adulto. Questo rende anche libero il medico che non dovrà più sostituire il genitore che cerchi inconsciamente in lui.

Il corpo racconta la psiche: il "sentito biologico"

In questa corrispondenza sincronica, il corpo diventa il narratore della nostra psiche. Ci racconta il nostro spazio emotivo, come "risentiamo" il mondo che abitiamo. Ci offre la chiave per decifrare i codici che l'esperienza, soprattutto quella primaria con nostra madre, ha scritto dentro di noi.

Se da bambini abbiamo visto nostra madre guardare il medico con occhi pieni di ammirazione, abbiamo percepito che il suo rango era superiore a quello dei nostri genitori. Lo abbiamo vissuto come una sorta di divinità. Per questo, in ogni relazione terapeutica, bisogna decidere chi è il dio: sono io, il paziente, o è il mio medico? In questa relazione entrambi siamo dèi, ma sono io il responsabile della mia salute (come lo è il medico della sua).

Il sospeso nella relazione sistemica si riflette nel biologico.

Questa è una frase da segnarsi. Una relazione irrisolta con una figura chiave del nostro sistema familiare (un genitore, un nonno, un fratello da cui siamo stati separati ingiustamente, persino qualcuno che non c'è più) o un segreto di famiglia, si manifesterà nel nostro corpo, ma non come effetto psicosomatico (non esiste una mente che fa ammalare il corpo), bensì come risposta adattativa a ciò che è in sospeso e che condiziona lo spazio e il percepito in cui viviamo. È così che la vita si preserva da sempre: evolvendo attraverso l'interazione con l'ambiente. Il conflitto biologico ci permette di perfezionare le nostre risposte vitali. Risposte che sono biologiche, non mentali o psicologiche.

Ricordiamoci sempre che, prima di essere esseri pensanti, siamo esseri viventi. Il pensiero occupa solo il 10% della nostra attività cerebrale; il resto lavora per garantire la nostra esistenza. Come diceva Ivan Pavlov, "il corpo risponde sempre a ciò che non capiamo nel modo suo proprio". Questo è il sentito biologico: non è una scelta cosciente, ma una risposta iscritta nel nostro codice per riconciliarci con il nostro sistema e, in definitiva, per sopravvivere.

L'equivoco della medicina commerciale e il potere della diagnosi

Qui tocchiamo un punto cruciale, dove nasce l'equivoco, a volte in buona fede, altre no. La medicina commerciale, basata sul business della farmacologia, spesso chiama "malattia" questi programmi speciali della fisiologia. Quando una persona riceve una diagnosi spaventosa da questo tipo di approccio ("lei ha un tumore", "le restano tre mesi di vita"), vive un nuovo shock biologico che può intensificare lo stesso tessuto già attivato, oppure un altro.

Queste frasi terrorizzanti mettono in difficoltà la percezione che il vivente ha della vita. L'organismo tenta in ogni modo di adattarsi a tutto ciò che sente incombere su di lui.

Spesso, basta leggere attentamente un referto per notare parole come "presuntivo" o "suggestivo", che rivelano come il messaggio di morte derivi da un dato incerto. La paura, però, trasforma il probabile in una certezza, in una profezia che si auto-avvera.

Per questo, quando si accompagna una persona in difficoltà, è fondamentale non avere un "credo" rigido. Che si creda nell'omeopatia, nella chemioterapia o persino nelle 5 leggi biologiche (anche queste possono diventare un dogma!), bisogna mettere da parte le proprie fedi per essere davvero al servizio dell'altro, rispettando le sue convinzioni e la sua anima. Se una persona pende dalle labbra del medico e delle sue cure, contestare l'operato sanitario può risultare pericoloso, perché suscita un senso di "sentirsi in trappola" che attiva programmi biologici emergenziali che, in natura, sono funzionali ed efficaci (durano poco, una preda in trappola o si libera entro breve o viene mangiato); mentre nella società complessa come quella umana può avere esiti letali. Per questo occorre aiutare più con la presenza che con l'interferenza nel destino altrui.

Il binario e la recidiva: quando il passato ritorna

Due concetti importanti legati alla prima legge sono il binario e la recidiva.

Quando viviamo uno shock, i nostri sensi registrano ogni dettaglio: suoni, odori, sapori, sensazioni. Questi dati vengono archiviati nel nostro inconscio. Se in futuro incontriamo di nuovo uno di quei dettagli sensoriali (un profumo, una canzone), questo può riattivare istantaneamente lo stesso stato emotivo e, a volte, lo stesso programma biologico. Questo è il binario. Pensiamo alle allergie, ma il meccanismo vale per tantissimi sintomi.

La recidiva frequente, invece, è tipica di quando "tacitiamo" la nostra biologia per salvaguardare la nostra coscienza o un'appartenenza. Un esempio classico è rimanere in una relazione "trappola" per paura di ferire l'altro o per timore delle conseguenze, finendo per essere infelici entrambi. È come sbattere continuamente contro lo stesso spigolo e meravigliarsi del bernoccolo che si forma.

Anche questi meccanismi hanno una loro bio-logica. Il binario può salvarci la vita: se un odore era presente durante una situazione di pericolo, sentirlo di nuovo ci metterà in allerta. La saggezza dell'organismo eccede sempre in prudenza quando si tratta di sopravvivenza.

Tutto, dallo shock iniziale alla recidiva, ha un senso e un unico, grande scopo: preservare la vita.

Spero che questa prima immersione ti sia piaciuta e ti abbia offerto spunti di riflessione.

Un abbraccio fortissimo, ci leggiamo domani con la seconda legge biologica!

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