La vita, gli obiettivi e i sogni dipendono anche dalla qualità delle informazioni che ci nutrono

La vita, gli obiettivi e i sogni dipendono anche dalla qualità delle informazioni che ci nutrono

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Qualche giorno fa ho accompagnato mia figlia al parco giochi e, come spesso accade, la sua attenzione è stata catturata da una di quelle classiche strutture in legno per arrampicarsi.

All’inizio, dal basso, tutto sembrava perfetto. I bambini, si sa, non hanno un concetto molto sviluppato della prospettiva. La struttura andava benissimo vista da lontano e anche da vicino, finché si resta con i piedi per terra. Ma le cose cambiano in fretta.

La prospettiva è tutto (anche a un metro da terra)

Appena mia figlia ha iniziato la sua rampicata, sollevandosi di appena un metro da terra, ecco che la sua percezione è cambiata radicalmente. Improvvisamente, si è sentita un po' come King Kong sull'Empire State Building. Quella che un attimo prima era un'altezza insignificante, si è trasformata in un baratro vertiginoso, portando con sé l’immediata percezione della morte.

Lo so, può sembrare un'esagerazione, ma in quel momento la sua paura era reale, palpabile. Ha iniziato a lamentarsi, non proprio a piangere, ma la voce era quella di chi è preso dal panico, chiedendomi di aiutarla e di tirarla subito giù da lì.

Credo che questi siano momenti fondamentali per la crescita, esperienze che ci formano. E così, invece di cedere alla sua richiesta, mi sono appoggiato alla struttura, accanto a lei, e ho provato a fare qualcosa di diverso.

Affrontare la paura con la concretezza, non con le parole vuote

Mi sono avvicinato e le ho chiesto di cosa avesse paura realmente. "In fondo", le ho detto, "che cosa può succedere se adesso molli tutto? La cosa peggiore che puoi vivere è atterrare su questo pavimento gommoso, che è più una carezza che altro. Certo, ti prenderesti un piccolo spavento, perché cadresti nel vuoto per mezzo secondo".

Le ho messo davanti le sue opzioni reali:

  • Scendere, che però era quasi più complicato che continuare.
  • Salire e completare il percorso.
  • Mollare tutto, con la mia promessa che avrei fatto attenzione a farla cadere bene.

Questo è stato il nostro compromesso. E in quel momento, è successo qualcosa di magico. Il suo viso è cambiato, ha accennato un sorriso e, dopo averci pensato un attimo, ha continuato la sua arrampicata fino ad arrivare sana e salva alla fine.

Quello che è interessante osservare è come questo piccolo organismo biologico ha risposto a nuove informazioni che hanno cambiato l'ambiente. Ma in realtà, l'ambiente non è cambiato oggettivamente. È cambiata la sua percezione.

Il cambiamento non è mentale, è biologico

Voglio essere chiaro su un punto: non stiamo parlando di un trucchetto mentale. Sarebbe un'idiozia pensare che basti il "pensiero positivo". Se le avessi detto semplicemente "tranquilla che non succede nulla", le mie parole sarebbero state un'informazione sterile.

Il nostro sistema nervoso autonomo – quello che gestisce la paura, ma anche il battito del cuore, la digestione, la vista – vuole concretezza, non astrazione. Io le ho dato concretezza.

"Alla peggio", ho aggiunto, "ti sbucci un ginocchio. E se te lo sbucci tu, ti prometto che me lo sbuccio anch'io. Cosa potrebbe mai succedere? Brucerà un po'. E se brucia, vuol dire che sei viva".

La struttura in legno è rimasta la stessa, il pavimento morbido pure. Non è cambiato nulla, se non qualche informazione che il suo sistema nervoso ha ricevuto, influenzando profondamente il suo percepito soggettivo dell'ambiente. La paura della morte è svanita e lei ha avuto di nuovo il controllo delle sue opzioni.

E noi adulti? viviamo la stessa dinamica, ogni giorno

Ora ampliamo la questione a noi altri, esseri umani adulti. Vi accorgerete che nel 99% dei casi viviamo dinamiche identiche a quelle di mia figlia al parco. È sempre una questione di percezione, di come leggiamo l'ambiente che ci circonda.

Pensateci: leggete su un articolo che c'è un pazzo con un fucile nel vostro quartiere. La parte mentale si attiva ("forse è meglio stare a casa"), ma è il sistema nervoso a creare un blocco biologico: la paura di uscire. È una risposta fisica, tangibile. Poi, magari, scoprite che era una fake news pubblicata da un buontempone. Improvvisamente, quel programma biologico di allarme si disattiva e tutto torna alla normalità.

L'informazione ha cambiato la vostra realtà percepita, innescando e poi disinnescando una risposta fisica.

L'informazione: il boccone che nutre o che avvelena

Questo mi porta al punto finale. Quanti sogni abbiamo lasciato in sospeso semplicemente perché abbiamo ricevuto o ci siamo dati delle informazioni sbagliate? Quante volte ci siamo fermati per una paura basata su una percezione distorta della realtà?

Tutti noi abbiamo dei sogni che meritano di essere realizzati. Non parlo dei desideri passeggeri, quelli la cui bellezza sta più nell'atto di desiderare che nel raggiungimento. Parlo di quei sogni che sentiamo edificanti, che ci chiamano.

Per realizzarli, forse, il primo passo è proprio questo: chiederci quante informazioni tossiche abbiamo ingurgitato nel tempo. È il momento di "vomitarle fuori", come un boccone andato a male, per fare spazio a informazioni nuove, a "bocconi nutrienti" che possano davvero alimentare il nostro percorso.

Vi invito a riflettere su questo aspetto. Osservate le vostre paure, analizzatele con concretezza e chiedetevi: qual è la cosa peggiore che potrebbe realisticamente succedere? Spesso, scoprirete che l'atterraggio è molto più morbido di quanto immaginate.

Un abbraccio fortissimo.

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