
L’insoddisfazione e l’arte di godersi ciò che c’è
La vita non si trasforma quando restiamo a guardare ciò che manca: si trasforma quando scegliamo di muoverci, di investire energia, tempo e attenzione su noi stessi.
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Oggi vorrei condividere con te una riflessione nata da una chiacchierata con un'amica: perché così tanti di noi vivono con una costante sensazione di mancanza, con un vuoto che sembra incolmabile? Si tratta di un'insoddisfazione di fondo che ci accompagna quasi ogni giorno.
Magari desideriamo qualcosa per mesi, a volte per anni. Lottiamo per ottenerla e, una volta che è nostra, il piacere svanisce in un attimo. La nostra mente corre subito a ciò che manca ancora, e così rischiamo di passare un'intera esistenza senza mai sentirci pienamente soddisfatti.
Questa sensazione ci impedisce di vivere pienamente, ma la radice del problema non è tanto in ciò che non abbiamo, quanto nel nostro rapporto con ciò che già possediamo.
Abbiamo perso la capacità di fermarci
Sembra che abbiamo smarrito la capacità di "sostare", di contemplare quello che abbiamo e di dire a noi stessi: "Per adesso, questo basta. Per adesso, questo mi nutre".
La società moderna, d'altronde, ci spinge nella direzione opposta: correre, accumulare, inseguire. Ci educa a diventare quasi dei compulsivi. Il problema non è il desiderio in sé, che è una forza naturale e bellissima, ma la nostra incapacità di assaporare il presente. Il vero cambiamento da fare, quindi, parte proprio da qui.
Se guardiamo in profondità, l'insoddisfazione nasce da un'illusione.
L'illusione che la vita debba sempre essere diversa da quello che è adesso.
Questa è la vera trappola. Puoi fare tantissimi percorsi di crescita, che siano lavori biosistemici, sistemici, animici o spirituali. Ma se rimani aggrappato a questa illusione, parti sempre in svantaggio. La buona notizia? Milioni di persone condividono questa stessa dinamica. Questo, però, non deve essere una magra consolazione, ma un'opportunità. Cambiando approccio, puoi ottenere un vantaggio enorme, semplicemente rimettendoti in linea con il flusso della vita.
Il senso della vita si svela solo nell'adesso
Il paradosso è che il senso della vita si manifesta solo nel presente, perché la vita è solo adesso. Ogni volta che la nostra mente vaga verso il futuro, proiettando desideri e aspettative, perdiamo l'unica opportunità che abbiamo di vivere davvero.
Un antico detto recita:
Chi desidera tutto non gode di nulla, chi sa godere di poco ha già tutto.
Questo non significa non avere ambizioni. Le ambizioni sono importanti, ma è fondamentale avere una buona relazione con esse.
I tre tipi di desiderio secondo Epicuro
Il filosofo Epicuro insegnava che esistono tre tipi di desiderio:
- Naturali e necessari (come mangiare o dormire)
- Naturali ma non necessari (come cercare cibi raffinati)
- Vani (come la brama di ricchezza o potere)
L'infelicità, secondo questa visione, nasce proprio dall'ultima categoria. Perché? Perché i desideri vani non hanno alcun limite. Se non c'è un traguardo definito, un punto in cui sentirsi arrivati, percepiremo sempre una sensazione di insoddisfazione e, a livello profondo, di svalutazione biologica.
Chi studia le Bioscienze Sistemiche ha già intuito dove voglio arrivare. Sto parlando anche di fenomeni biologici. Se mi sento costantemente vuoto perché non mi sono mai educato ad apprezzare ciò che ho, avrò sempre sete. È quello che il Buddha chiamava Tanha, la "sete" insaziabile della psiche che, appena si disseta, corre subito a cercare altro in un moto compulsivo. L'insoddisfazione è figlia di questo desiderio senza confini.
La promessa del domani che ci ruba l'oggi
Seneca diceva che "tutta la vita ci sfugge mentre ci occupiamo del futuro". L'uomo moderno è disperso nell'avvenire: non vive, ma spera sempre di iniziare a vivere più tardi. La promessa di un domani migliore ci deruba della pienezza dell'oggi.
In una puntata precedente parlavo di "felicismo", quella fusione tra felicità e feticismo che trasforma la ricerca della gioia in un feticcio irraggiungibile. Chi vive in questa scatola mentale, spesso senza saperlo, si condanna all'insoddisfazione e alla lamentela. E, come ci ricorda Bert Hellinger, "chi si lamenta non vuole risolvere nulla". Rimane impantanato, perché lamentarsi è sempre più facile che agire.
La gratitudine come chiave di volta
Allora, come uscirne? La risposta è più semplice di quanto pensi.
Solo la gratitudine rende visibile ciò che già possediamo. Senza la gratitudine, tutto appare insoddisfacente.
Questo principio lo vedo continuamente durante le giornate di costellazioni biosistemiche. Una persona arriva con un dolore fisico, magari etichettato come fibromialgia. Spesso, questo sintomo è legato a un rapporto irrisolto, ad esempio con la propria madre. Quando questa persona smette di focalizzarsi su ciò che la madre non le ha dato e si apre a ricevere ciò che, nei suoi limiti umani, ha dato, tutto cambia.
Il rapporto oggettivo non è cambiato, sono sempre madre e figlia. Ma è cambiata la percezione. Questo non solo trasforma l'approccio al sintomo, ma modifica completamente il modo in cui accogliamo le bellezze della vita.
Non è il mondo a doverti dare pienezza. È la qualità della tua percezione che fa la differenza.
La nostra fame di "cose" è, in realtà, una sete di "essere". Dobbiamo focalizzarci sul nostro essere, su ciò che stiamo vivendo e su tutto quello che abbiamo già incassato e archiviato dentro di noi. Abbiamo accesso a un tesoro immenso, ma spesso lo lasciamo in cantina, senza mai guardarlo davvero.
Ti auguro una bellissima continuazione e, soprattutto, un bellissimo cambiamento.
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