Platone, la medicina degli dei, le malattie... che non esistono, le recidive, i farmaci (caldi e freddi)

Platone, la medicina degli dei, le malattie... che non esistono, le recidive, i farmaci (caldi e freddi)

Un nuovo sguardo su sintomi e malattia

DISCLAIMER: Questo sito offre esclusivamente informazioni a scopo informativo e didattico. Tali informazioni NON sostituiscono il parere di un medico o specialista, né devono essere intesi a scopo terapeutico. Questo sito NON si occupa di medicina, la quale può essere qui trattata esclusivamente in ambito giornalistico e/o filosofico.

Nel corso della storia, il concetto di medicina è stato interpretato in modi diversi. Platone, uno dei più grandi filosofi dell'antichità, distingueva tra due tipi di medicina: la medicina degli schiavi e la medicina degli Dei. Questa distinzione non è solo un'antica teoria, ma una riflessione che ancora oggi può aiutarci a comprendere come affrontiamo la salute e la malattia.

La medicina degli schiavi

La medicina degli schiavi è quella che ci spinge a "rimetterci in sesto" il prima possibile. Appena avvertiamo un dolore, ci vengono somministrati farmaci, spesso in modo massiccio, con l'obiettivo di farci tornare rapidamente al lavoro. È una medicina che non si preoccupa delle cause del malessere, ma solo di sopprimere i sintomi.

"La medicina degli schiavi è quella medicina che ti dice: 'Devi metterti in sesto il prima possibile'. Appena cominci ad avere dei dolori, ecco qua 5-6 farmaci, te li sparano dentro in gola, ti scuotono un attimo e poi, appena ti senti un po' meglio, ti rispediscono in mezzo ai campi."

Questa approccio è tipico di una società in cui il tempo è denaro e la produttività è tutto. Ma è davvero questa la strada giusta per prenderci cura di noi stessi?

La medicina degli Dei

La medicina degli Dei è completamente diversa, più sensata. Gli Dei, infatti, possono permettersi di prendersela comoda. Invece di soffocare i sintomi, questa medicina cerca di comprenderne le cause, di analizzarle e di risolverle operando direttamente sulla vita della persona.

"La medicina degli Dei ti dice: 'Mettiti lì, stai comodo, mangia un po' di uva, bevi un po' di vino, stai tranquillo. Hai questo sintomo? Bene, vediamo qual è la causa, quale piccolo rimedio può esserci utile, ma nel frattempo riposati, fatti coccolare. Così, la "malattia" (e metto malattia tra virgolette apposta) diventa quasi una vacanza, una pausa rigenerante.

Questa è la medicina intelligente. Non è un palliativo, ma una soluzione. Ci invita a prenderci il tempo necessario anche per cercare la causa specifica, per analizzarla e vedere come si può risolvere operando direttamente nella vita della persona.

Chi sceglie cosa? Una riflessione sociale

Mi viene in mente uno spettacolo di Beppe Grillo degli anni '90. So che il nome può suscitare reazioni contrastanti per via della politica, ma all'epoca, quando faceva solo spettacoli, diceva cose interessanti. Ricordo che portò delle statistiche (che poi ho verificato) che mostravano come fossero principalmente le persone del ceto basso e medio a sottoporsi a interventi chirurgici. Al contrario, quelli del ceto alto, inclusi medici e avvocati, erano le categorie meno operate.

Perché? I medici, ovviamente, conoscono il sistema dall'interno. Gli avvocati, d'altro canto, conoscono bene le leggi e sono pronti a far causa se qualcosa non va. Nessuna struttura sanitaria vuole noie legali da chi sa come muoversi.

Sei uno schiavo o un dio? Ritrovare la nostra luce interiore

Questo ci porta a una domanda fondamentale: noi cosa ci sentiamo di essere, schiavi o dei? È vero, molti di noi devono lavorare tanto, fare più lavori che magari non amano, per responsabilità verso la famiglia, per "portare il pane a casa". Viviamo in una situazione complessa, usciamo da crisi e ne entriamo in altre.

Un conto è dover fare lo schiavo in certi contesti della vita. Un altro è dimenticarsi della luce divina che abbiamo dentro, convincersi di essere solamente uno schiavo. È qui che iniziano i problemi seri, perché poi anche il modo in cui ci curiamo riflette questa percezione. Se ti senti uno schiavo, andrai dal medico a testa bassa, affidandogli completamente la tua vita.

E se invece provassimo a uscire da questi schemi? Se decidessimo di andare dal medico, quando necessario, a testa alta, consapevoli di ciò che accade nel nostro organismo, magari insegnando persino qualcosa al medico stesso? Questo è l'atteggiamento di chi si muove come un "dio", ed è quello che mi piace promuovere.

Il grande equivoco: la malattia non esiste (così come la pensiamo)

Molti mi scrivono, come Linda, chiedendo "come non avere sintomi". Qui tocchiamo un punto cruciale: la paura di ammalarsi spesso si trasforma nella paura di avere sintomi. Ma i sintomi non sono il problema!

"Il segreto è che la malattia non esiste, adesso lo vediamo, è soltanto un concetto umano, anche abbastanza vecchio, obsoleto, un equivoco su cui ovviamente molti hanno mangiato, e niente di più."

Il nostro organismo non è difettoso. I sintomi sono la testimonianza della nostra "piccola perfezione". Sono milioni di anni che gli organismi viventi manifestano sintomi per adattarsi a nuove situazioni, a nuovi ambienti.

Capire i sintomi: due esempi illuminanti

Facciamo un paio di esempi pratici per capire meglio, rispondendo anche ad altre email.

  1. La congiuntivite del bambino: Un bambino piccolo, abituato alla presenza della mamma ogni sera, una mattina si sveglia e lei non c'è perché ha iniziato un nuovo lavoro. Questa perdita di contatto visivo con la figura di riferimento scatena una fisiologia speciale. L'occhio non dominante (in questo caso il sinistro, legato alla figura materna nei bambini) si attiva. Per non farlo disperare di fronte a questa mancanza, nel suo occhio avvengono delle ulcerazioni, per lo più asintomatiche, con lo scopo di "fargli vedere di meno" questa assenza e tranquillizzarlo. È un meccanismo biologico di sopravvivenza. Quando la mamma poi torna la sera, queste ulcerazioni non servono più. L'organismo inizia quindi a ripararle. Questa fase di ricostruzione causa i sintomi classici della congiuntivite: dolore, gonfiore, rossore, a volte secrezione. Allora io vi chiedo: dov'è la malattia qui? C'è solo un organismo giovane che cerca di sopravvivere e adattarsi.
  2. Il raffreddore per "fiutare il pericolo": Mettiamo un altro bambino, già abituato all'assenza mattutina della mamma, ma che sa che di solito torna per le 12. Un giorno, alle 12 la mamma non c'è. Il bambino non va in panico per la perdita di contatto visivo (quello è già gestito), ma percepisce che "questa situazione mi puzza". Allora, nella sua mucosa nasale avviene un'ulcerazione (asintomatica) per aumentare le capacità olfattive, per "fiutare meglio" la situazione, per capire cosa succede alla mamma. Quando la mamma finalmente torna (magari era solo in ritardo per il traffico), il pericolo è scampato. Le ulcerazioni devono essere riparate. Ed ecco la fase con edema, naso che gocciola, chiuso, starnuti. Quello che chiamiamo comunemente raffreddore. Di nuovo: dov'è la malattia?

Abbiamo un sintomo, abbiamo capito che ha un senso biologico preciso, ma la malattia come concetto negativo e casuale non si trova. Spesso, quello che noi chiamiamo "malattia" o "stare male" è in realtà già la fase di "guarigione", di ritorno all'omeostasi, di normalizzazione.

Il vero problema: le recidive, non i sintomi

Cara Linda, e cari tutti, non c'è bisogno di aver paura dei sintomi. Ne avremo sempre. L'importante è che non ci siano recidive continue. Se il bambino dell'esempio della congiuntivite vive costantemente queste sparizioni improvvise della mamma, ci sarà ogni volta uno shock biologico: il bambino attiva il programma biologico, inizia la risoluzione, poi ancora va in conflitto attivo perché la mamma manca di nuovo. Questo continuo entrare e uscire dalla fase risolutiva, prima che sia completata, ecco, questo è il problema, non il sintomo in sé.

Gestire i disagi: un approccio consapevole ai sintomi

Sapete che i processi biologici seguono uno schema bifasico (se non lo conoscete, vi invito ad approfondire qui):

  • Fase simpaticotonica (conflitto attivo): I sintomi sono tendenzialmente "freddi".
  • Fase vagotonica (risolutiva, post-conflitto-lisi): I sintomi sono tendenzialmente "caldi", come un'infiammazione o la congiuntivite.

Possiamo alleviare il disagio di alcuni sintomi con dei "rimedi" (la parola non è precisissima, diciamo che rendono il sintomo più sopportabile):

  • Per i sintomi caldi (fase risolutiva) si usano approcci "freddi". Possono dare un certo sollievo la caffeina, la nicotina, il cortisone (che aiuta ad asciugare gli edemi), gli anti-infiammatori. Per esempio, se ho una cefalea (che è in fase risolutiva), un anti-infiammatorio può aiutare a renderla più sopportabile. Se invece ho un'emicrania (che è in conflitto attivo), prendere un anti-infiammatorio serve a poco o nulla.
  • Per i sintomi freddi (fase attiva) si usano approcci "caldi". Ad esempio, per sintomi freddi si potrebbe pensare a un bagno caldo. La morfina (non è un invito, sia chiaro) agisce in questo senso. Anche la cannabis è sinergica, agendo sia sul "caldo" che sul "freddo".

Ecco la tabella completa:

Rimedi - Aiuti caldi & freddi per Fase Attiva e Fase risolutiva
Questa è una tabella inizialmente pubblicata su Telegram nel nostro canale (link al messaggio) e citata in uno dei primi episodi del nostro podcast: Platone, la medicina degli dei, le malattie... che non esistono, le recidive, i farmaci (caldi e freddi)Nel corso della storia, il concetto di medicina è

L'ipnosi può aiutare con i sintomi recidivanti?

Rispondo a Simona, che mi chiede se l'ipnosi può eliminare i "binari" creati da sintomi recidivanti. L'ipnosi è uno strumento, e la userei in casi specifici, non per sintomi sporadici.

Per esempio se una persona mi contatta per il mal di testa, farei delle domande prima dell'appuntamento per capire se è un mal di testa da cefalea o da emicrania:

  • Cefalea recidivante: Se una persona ha cefalea da dieci anni, significa che c'è un aspetto della sua vita da sistemare. Se durante una seduta scopriamo che la cefalea (sintomo di fase risolutiva, spesso legato a un vissuto di inadeguatezza intellettuale risolto) deriva da una relazione tossica in cui viene costantemente sminuita ("tu sei uno scemo"), e poi magari al lavoro viene apprezzata e va in risoluzione con mal di testa... capite che io non posso cambiare la relazione tossica. Posso aiutare ad "asciugare il pavimento", ma il "rubinetto" (la causa) deve chiuderlo la persona, lavorando sulla relazione.
  • Emicrania recidivante: Se invece una persona ha emicrania (sintomo di conflitto attivo, spesso legato a separazioni ingiuste, rancore) da anni, magari a causa della perdita traumatica di una persona cara, come la mamma, qui l'ipnosi sistemica può essere molto utile. La mamma non c'è più, quindi come ci si riconcilia? Un lavoro in ipnosi può aiutare a uscire dal conflitto attivo e il sintomo scompare quasi "miracolosamente". Certo, poi serve anche un lavoro sul comportamento nella vita di tutti i giorni.

In sintesi, per le recidive:

  • Se la soluzione dipende da modifiche che la persona può apportare autonomamente al proprio stile di vita o alle proprie relazioni, la seduta potrebbe non essere necessaria.

Se la situazione è bloccata, come nel caso di un lutto non elaborato che causa emicrania, essere seguiti con l'ipnosi può fare la differenza. Attenzione anche al "fai da te" con concetti come il perdono, che a volte possono peggiorare la situazione se non compresi a fondo (abbiamo un audio specifico su questo).

Abbracciare la nostra divinità con umiltà

Bisogna essere umili. Siamo tutti divini, senza dubbio, perché abbiamo il potere di decidere del nostro destino. Ma essere divini non significa essere onnipotenti o soli. Siamo in un "Olimpo" dove ci sono anche altre "divinità" (altre persone, altri professionisti affidabili) da consultare. Anch'io, nel mio percorso, mi faccio aiutare e continuo a imparare.

Spero che queste riflessioni vi siano state utili. Un abbraccio a tutti e statemi bene!

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