Quando non sei più quella e non sei ancora questa

Quando non sei più quella e non sei ancora questa

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Ci sono momenti nella vita in cui sentiamo il bisogno impellente di agire, di fare, di risolvere. Ma ci sono anche istanti preziosi in cui l'unica cosa saggia da fare è fermarsi, osservare e lasciare che le cose accadano. Sono proprio questi i momenti cruciali, quelli in cui qualcosa dentro di noi sta cambiando, trasformandoci in una versione nuova di noi stessi. Spesso, però, questa prospettiva ci spaventa e ci aggrappiamo con tutte le nostre forze alla vita che conoscevamo, quasi per una volontà di non voler più rinascere.

Questa sensazione è un po' come quella che ha condiviso con me Laura in una recente email. Laura ha 41 anni e mi scrive che negli ultimi mesi ha iniziato a percepire un profondo cambiamento interiore, senza un motivo apparente.

"Cose che mi piacevano non mi interessano più," mi ha scritto, "rapporti che prima mi nutrivano adesso mi sembrano vuoti. Mi prendo momenti di silenzio, sto più sola, ascolto meno e sento di più. Ma tutto questo mi confonde. Chi ero non mi appartiene più. Chi diventerò non lo so ancora. Come stare tra due rive senza sapere dove attraccare. Cosa succede quando ci si sente così?"

Cara Laura, e cari tutti voi che potreste ritrovarvi nelle sue parole, quello che descrivi non è una crisi da temere, ma un punto sacro, un autentico varco.

Non è smarrimento, è il passaggio dell'anima

Molti chiamano questa fase "smarrimento", ma io preferisco definirla il "passaggio dell'anima". Suona meglio, non trovate? Non ti stai perdendo, Laura; ti stai piuttosto svuotando di ciò che non sei più, per fare spazio a ciò che, forse, non hai ancora il coraggio di diventare. Ma questa è solo la mente che cerca spiegazioni. Il mio invito è: lascia semplicemente fluire.

Questo momento, secondo una visione sistemica, accade spesso dopo che abbiamo, per così dire, "restituito" un'identità che non era veramente nostra. Magari eri la figlia modello, l'amica sempre disponibile, la professionista realizzata. Ma a un certo punto, qualcosa dentro di te ha iniziato a sussurrare: "Ok, grazie per il ruolo che ho interpretato, ma adesso basta."

Quando l'anima si alleggerisce di questi pesi, di queste missioni e destini che appartenevano ad altri, la mente si confonde. Non ha più le sue solite mappe, e allora arriva il vuoto.

Il vuoto come gestazione, non come mancanza

Ma attenzione: questo vuoto non è mancanza, è gestazione. È lo stesso spazio sacro che intercorre tra l'espirazione e il primo respiro, tra l'onda del mare e la riva. C'è la donna che eri e c'è quella che sta nascendo.

Il mondo moderno ci spinge costantemente a dover sapere chi siamo, a definirci. Ma la verità è che esiste un tempo, chiamiamolo "tempo sacro", in cui non sapere è l'unico modo per restare veri, autentici. Molti ti inviteranno a riempire subito questo vuoto, a trovare nuove certezze, nuovi ruoli, nuove performance.

Il mio consiglio è diverso:

  • Respira.
  • Non cercare affannosamente nuove certezze ed etichette.
  • Semplicemente resta. Stai in questo spazio, come si sta in una stanza dove ha appena piovuto: con silenzio, rispetto, ascolto. Proprio come stai facendo tu, Laura, "sentendo".

E se ti senti sola, ricorda una cosa meravigliosa:

"Il bruco non sa che sta diventando farfalla, ma lo diventa comunque. Lo diventa lo stesso."

Ci vuole solo un pizzico di fiducia, quel momento in cui diciamo "ok, c'è una nuova me" e ci apriamo alla possibilità che la vita ci riservi nuove sorprese, nuovi spiazzamenti, nuove situazioni da assaporare con godimento e piacevolezza.

Vivere con più libertà verso la felicità

L'obiettivo finale, in fondo, non è rimanere ingabbiati in schemi che finiscono per definire la nostra intera esistenza, ma piuttosto vivere con più libertà. È fare quel movimento interiore verso quella cosa meravigliosa che chiamiamo felicità.

Certo, questo cammino verso una maggiore autenticità può portare con sé delle sfide. A volte, più ci incamminiamo verso noi stessi, più potremmo sentirci soli, vedere vecchie amicizie allontanarsi. Potrebbero anche riaffiorare antichi sensi di colpa, sensazioni di colpa che non necessariamente sono nostre o reali (un tema che abbiamo esplorato a fondo nel nostro webinar dedicato proprio al senso di colpa).

A volte, basta osservare

Quindi, cosa fare quando ci si sente così smarriti? A volte, si tratta semplicemente di fermarsi un attimo e guardare la vita. Non è detto che si debba per forza fare qualcosa. A volte, la cosa migliore è guardarsi un bel film, distrarsi per un momento e lasciare che questo flusso interiore faccia il suo corso, fino a manifestarsi con concretezza nella nostra vita.

Spero che queste riflessioni possano esserti d'aiuto, Laura, e a chiunque stia attraversando un simile "passaggio dell'anima".

Un abbraccio fortissimo e buona vita!

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