Quello che devi sapere se ti senti un capro espiatorio o, come diciamo noi, un "agnello sacrificale"

Quello che devi sapere se ti senti un capro espiatorio o, come diciamo noi, un "agnello sacrificale"

Ti sei mai sentito il problema della tua famiglia? Quello diverso, troppo sensibile, troppo arrabbiato, quello che “rovina tutto”? In questa puntata affrontiamo una delle dinamiche più profonde e invisibili dei sistemi biologici: il ruolo del capro espiatorio.

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A volte basta nascere per sentirsi colpevoli. Colpevoli di tensioni che non ci appartengono, colpevoli di emozioni che non abbiamo creato, colpevoli di pesi che non sono neanche nostri ma con cui noi ci identifichiamo, che ci stancano e che ci sono stati in un qualche modo messi addosso prima ancora di parlare, prima ancora di esistere. Questa è la storia di molti: essere il capro espiatorio della propria famiglia.

Nei nostri lavori con le Bioscienze Sistemiche, sia con le ipnosi sia con le costellazioni, abbiamo visto spesso una dinamica ricorrente.

Chi è il capro espiatorio?

C'è un figlio o una figlia che diventa il problema della famiglia, quello difficile, quello che si ammala. E parlo proprio di malattia, lui è quello sempre malato, lui è quello problematico. Malato nel senso che indossa questo della malattia, del malato, di quello difettoso. È quello che fallisce, che delude, che viene criticato e di conseguenza punito, escluso o preso di mira con un atteggiamento costante di biasimo, ma anche di controllo.

E nonostante questo, se guardiamo con lo sguardo profondo degli ordini dell'amore, è lui il vero problema? Semmai è lui che si sta sacrificando, sta prendendo su di sé una colpa, un dolore, una vergogna, un fallimento di qualcuno. Ovviamente di qualcun altro nel sistema familiare: magari un nonno che ha fatto fallire l'azienda, una zia morta in manicomio, un fratellino abortito e mai pianto, un padre assente, una mamma che non si sente amata. Di recente mi è venuto in mente il mio bisnonno che si è apparentemente impiccato...

Insomma, il capro espiatorio è il servitore invisibile dello spirito familiare. E come giustamente insegna Hellinger, l'inconscio familiare sceglie chi ama di più per assegnargli i pesi più grandi da portare e da trascinarsi fino all'esaurimento.

I segni che sei il capro espiatorio

Quali sono i segni che sei il capro espiatorio?

  • Sei sempre quello sbagliato, anche quando non fai nulla.
  • Ti senti escluso o perennemente diverso dagli altri.
  • Hai reazioni forti oppure scoppi emotivi che non capisci.
  • Ti accusano di essere "troppo" o "troppo poco".
  • Hai un senso profondo di colpa, anche se non sai da dove venga.

Molto spesso tutto questo non ha nulla, ma veramente nulla, a che vedere con te. Ma ormai ti sei identificato con quella cosa lì.

L'effetto collaterale: uno specchio per le allodole

C'è un effetto collaterale che ho notato e che è altrettanto utile al sistema familiare. Accade che c'è questo Calimero, questo brutto anatroccolo considerato il peggio del peggio, e questo spinge gli altri a focalizzarsi su di lui. In questo modo si illudono che la loro vita sarebbe meravigliosa se non ci fosse lui. Questo permette alle persone di non vedere le cose che fanno davvero male.

I genitori, invece di notare che la loro relazione matrimoniale è infelice perché stanno ignorando un aborto o altri problemi, rimangono insieme perché hanno un problema comune: questo figlio problematico. Quando il capro espiatorio diventa consapevole di questa grande verità nascosta, spesso non vuole neanche mettere a posto le cose, perché desidera continuare con fedeltà e amore questo sacrificio. E va bene così, nessuno dice che devi cambiare il tuo destino.

Forse è più giusto dire “agnello sacrificale”

Parlando di sacrificio, sono convinto che più che di "capro espiatorio" si dovrebbe parlare di "agnello sacrificale". Il termine si riferisce a un uso raccontato nella Bibbia: nell'Antico Testamento, in un giorno specifico, si prendeva un agnello bello, mansueto e senza macchie. Su di lui veniva gettato tutto il peccato commesso dalla popolazione e poi l'agnello veniva liberato nel deserto, perché se ne andasse portando via le colpe, per poi morire.

Una questione di parole: colpa o debito?

C'è una cosa che penso in pochi sappiano. La parola italiana "colpa" deriva dal latino culpa e ha subito una connotazione morale. Ma Bert Hellinger era tedesco e usava la parola Schuld. Noi la traduciamo come "colpa", ma in tedesco la stessa parola significa anche e soprattutto debito.

La lingua tedesca usa meno sinonimi e in origine il sentito biologico di Schuld non è "tu hai sbagliato", ma semplicemente "tu hai un debito". Non riguarda l'essere buoni o cattivi, è una questione di crediti e debiti che devono essere compensati. Con questa luce, tutto ha più senso. Il cosiddetto capro espiatorio, o meglio, l'agnello sacrificale, cosa fa? Si addossa questo debito in modo che si possa ripartire da zero.

Il problema è che a volte il debito è così grande (pensiamo a un nonno disperso in guerra) che non basta un solo agnello. E così vediamo più fratelli nella stessa famiglia eseguire questo movimento di sacrificio. Un movimento che ritengo bellissimo, molto amorevole, ma anche inutile.

La megalomania dietro al sacrificio

Parlo di agnello sacrificale perché, su un piano più ampio, vedo che c'è un consenso silente da parte di chi sta diventando tale. L'abbiamo notato anche il 29 giugno, nella nostra giornata di costellazioni a Milano: quanta fatica nel riconoscere che un sintomo è legato a un senso di totale fedeltà e sacrificio.

Cara mamma, muoio io, per te ci penso io.

Alla base di questo c'è un programma biologico comportamentale: una costellazione megalomane. Solo un megalomane (e il bambino è il primo della classe) può pensare di poter gestire l'intero destino della propria mamma, di colei che gli ha dato la vita. In questo equivoco, noi perdiamo la giusta percezione.

Sto rispondendo anche a un'email di Yuma che chiedeva di approfondire questo tema: in realtà, siamo noi a essere megalomani. La megalomania è una risposta di adattamento che si attiva in seguito a forti svalutazioni, quando non ci sentiamo validi. Allora il nostro Io si ingrandisce e pensiamo di poter salvare tutti, scivolando fuori dal nostro posto per occupare quello di un nonno o di una nonna. È una cosa folle guardare un genitore e dire "ti salvo io", ma è certamente amore. Diventa anche un alibi per non vivere la propria vita, occupandosi di quella degli altri.

Tutta l'enorme energia che una persona potrebbe usare per essere felice, la occupa in un impiego che non è neanche il suo.

Come uscire da questo ruolo

Si può uscire da questo schema. Io la faccio semplice, ma so che spesso servono lavori biosistemici approfonditi. Ecco 4 punti essenziali:

  1. Riconoscere il proprio ruolo e il proprio posto. Il primo passo è dire: "Sì, sono stato trattato come un problema, ma adesso vedo che forse stavo solo portando qualcosa per altre persone".
  2. Prendere il proprio posto. Il capro espiatorio è sempre fuori posto. Dobbiamo assumerci la responsabilità di riprenderci il posto che ci spetta, e non fregarlo agli altri. E qui devo dire una cosa poco in linea con il politicamente corretto: quello che vedo, e non è un'opinione, è che spesso anche chi si definisce vittima, chi fa come Calimero, in fondo ha fatto un patto che gli piace, perché gli dà soddisfazione, visibilità e un ruolo.
  3. Onorare il proprio destino. Dopo aver lasciato andare i fardelli degli altri, possiamo guardare la nostra vita con occhi nuovi e dire: "Ecco, adesso vivo la mia vita a modo mio, nel mio tempo", anche se sentiamo ancora quel peso che ci fa sentire colpevoli.
  4. Restituire il carico. In un lavoro biosistemico, o anche in una meditazione, si può usare una frase molto potente:
Questo non è mio. Con rispetto e amore lo restituisco a chi appartiene.

Si tratta di restituire ciò che non è nostro per tornare al nostro posto. Certo, non ci sarà più nessuno a darci lo "zuccherino" del complimento, ma è giusto che il cavallo faccia il cavallo e l'essere umano faccia l'essere umano. Guardiamo in che posto siamo, che ruolo abbiamo assunto e perché, tutto sommato, ci piace l'idea di autoetichettarci come agnello sacrificale. Chiediti perché stai andando avanti e non riesci a dire di no.

Buon sacrificio a tutti, o rispettivamente, buon tradimento a tutti. Un abbraccio fortissimo.

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