Rinunciare a produrre infelicità è la prima via per essere felici

Rinunciare a produrre infelicità è la prima via per essere felici

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Recentemente ho ricevuto una bellissima email da Elena, una partecipante alle nostre giornate dedicate alle costellazioni biosistemiche. Mi scriveva: "Gentile Michele, dopo la nostra giornata [...] non solo il sintomo è scomparso, ma ho avvertito un profondo cambiamento dentro di me. Si è quietata un'energia che, più che agitazione, era una spinta incessante a inseguire il senso della vita, lo scopo che io pensavo che fosse l'obiettivo della mia felicità. Adesso mi sento molto meglio [...] ma secondo te cosa potrebbe essere accaduto? Mi sento un po' spiazzata perché mi sento radicata ma non sono abituata a questo."

Le parole di Elena sono preziose e toccano un tema fondamentale che spesso emerge durante i nostri incontri: la ricerca affannosa di uno "scopo della vita" e come questa ricerca, paradossalmente, possa allontanarci dalla felicità autentica. Sono davvero contento per te, Elena, per i passi che stai compiendo sul tuo sentiero unico e personale. Quello che ti è successo è qualcosa di meraviglioso e merita una riflessione più ampia.

L'illusione dello scopo: quando le lucciole sembrano lanterne

Spesso, quasi sempre, la maggior parte degli esseri umani (escludendo i bambini piccoli e chi vive momenti di spensierata smemoratezza) vive in una sorta di rinuncia inconsapevole a produrre felicità. Come mai? Semplicemente perché inseguiamo un'illusione. La parola "illusione" significa proprio questo: seguire una falsa luce.

Immaginate di camminare in un sentiero avvolto nella nebbia, il sentiero che dovrebbe condurvi alla felicità. A un certo punto, vedete una luce scintillante fuori dal sentiero. Abbandonate la via maestra e la seguite, pensando che quello scintillio sia chissà quale tesoro. Vi avvicinate e scoprite che sono solo lucciole. Il famoso detto "prendere lucciole per lanterne" significa proprio questo.

Questa "falsa luce" si manifesta spesso, soprattutto nel nostro mondo occidentale, nell'idea che debba esserci per forza uno scopo predefinito nella vita. Ma guardiamoci intorno: osservate gli animali, le piante. Mentre vi parlo, il mio gattone Kim dorme sereno sulla sedia, e non mi sembra affatto affannato a trovare uno scopo.

"La vita in quanto tale ha già in sé il suo scopo: lo scopo della vita è esserci. Invece, lo scopo della tua vita non esiste."

Questa consapevolezza può essere uno smacco inizialmente. Nasciamo, attraversiamo fasi in cui ci sentiamo inadeguati e speriamo che una qualche divinità ci indichi la via, ci dica perché siamo nati. E così iniziamo a seguire obiettivi e scopi che, in realtà, inseriamo noi stessi nella nostra mente, spesso condizionati dal sistema familiare da cui proveniamo o da momenti di svalutazione personale. Ci illudiamo di ascoltare una voce superiore, mentre invece stiamo semplicemente seguendo fedeltà sistemiche o auto-imposizioni.

Le tappe dell'illusione: matrimonio, figli, carriera

Il problema sorge quando raggiungiamo questi presunti scopi e ci accorgiamo che la felicità non è lì. Quante persone vivono così?

  • Il matrimonio: "Il mio scopo è far su famiglia, lì sarò felice". Ci si sposa, magari si è felici quel giorno, ma poi gli anni passano e si capisce che la felicità non dipende intrinsecamente dal matrimonio.
  • I figli: "Finalmente posso realizzarmi con i figli". Si scambiano processi biologici per la felicità, come confondere la digestione con la gioia. Un figlio cresce, le dinamiche cambiano, tutto entra nella routine e ci si accorge di non essere felici come si pensava. Le "lucciole" del marito/moglie e dei figli non erano la sorgente della felicità.
  • Il lavoro: "La mia felicità consiste nel trovare un buon lavoro". Si raggiunge il lavoro dei sogni – parrucchiera, operatore olistico, agente finanziario – e poi, dopo un po', il lavoro pesa, non era come ce lo si aspettava, e soprattutto, l'obiettivo è raggiunto ma la felicità manca.
  • Far felici gli altri: "Lo scopo della mia vita è far felici gli altri". Si consumano energie, tempo, denaro, pezzi di vita per gli altri, e spesso non si riceve neanche un grazie, ci si ritrova senza forze e con i propri problemi che aumentano, intrappolati in una bolla di follia.

Come si spiega tutto questo? Semplicemente perché, in natura, l'essere umano non ha uno scopo predefinito. E questa, amici miei, è una buona notizia!

La liberazione di Elena: vedere le lucciole per quello che sono

Cosa è successo a Elena durante la giornata di costellazioni biologiche e sistemiche? Si è liberata di uno schema che stava seguendo, legato alla sua famiglia. Ha visto che quello scopo che si era prefissata era un'allucinazione. È stata fortunata perché se n'è accorta prima di allontanarsi troppo dal suo sentiero, ha visto da lontano quelle piccole lucine e ha capito: "No, quelle non sono lanterne, sono lucciole. Seguo la strada che mi scelgo io."

Da quel momento in poi, non hai più uno scopo imposto. Noi seguiamo l'idea dello scopo, ce lo inventiamo, spesso inconsciamente, perché non vogliamo essere felici. Scegliamo uno scopo che ci fa sentire "speciali", migliori degli altri, diversi. Ma questo, invece di aiutarci, spegne ancora di più la nostra possibilità di essere felici. È nella "normalità", nell'accettazione della nostra unicità intrinseca (che c'è per natura, non dobbiamo fare nulla per averla), che possiamo finalmente apprezzare e godere pienamente di ciò che c'è.

"Voler essere speciali significa semplicemente rinunciare alla nostra unicità, perché tutti vogliono essere speciali. Già essere a norma non è male."

Rallentate un attimo, fermatevi completamente. Immaginate di essere in cima a una montagna, o davanti a un lago, magari in autunno o in inverno. Chiudete gli occhi e percepite il vento che vi accarezza il volto, i capelli. In tutto questo non c'è alcuno scopo, ma c'è radicamento, siete finalmente radicati nella vita. Questo è il massimo, il culmine. La vita non chiede niente di più.

Costruire la propria strada: ascolto, meditazione e azione

Quindi, cosa fare una volta compreso questo? Cosa fare quando ci si sente come Elena, un po' spiazzati ma radicati? Non si tratta di non fare nulla, ma di darsi compiti e obiettivi che ci piacciono, stuzzicanti, piacevoli.

  1. Meditazione Creatrice: Un ottimo punto di partenza è la meditazione che insegniamo durante le nostre giornate, quella "creatrice".
  2. Chiediti cosa vuoi migliorare: Dopo la meditazione, in uno stato di quiete, chiediti quale aspetto della tua vita vuoi migliorare e come.
  3. Ascolta la tua anima: Quando individui un'ipotesi, anche se non è chiarissima, ascoltati profondamente. Se, pensando a quella strada, la tua anima sorride, se senti un momento di gioia, quello è un segnale che sei sulla strada giusta. Non perché un Dio esterno l'ha deciso, ma perché il "Dio dentro di te", la tua essenza più profonda, l'ha riconosciuta.
  4. Azione immediata (piccoli passi): Una volta avuta questa intuizione, non aspettare. Prendi carta e matita e scrivi i passaggi più immediati.
    • Esempio pratico: Diciamo che lavori come arbitro in un luogo di incontri clandestini di polli (un esempio estremo per capirci!) e senti di voler fare la ballerina. Informati, cerca scuole, magari non quelle che richiedono di iniziare a sei anni, ma quelle adatte a te.
  5. Affronta la paura: Durante questo percorso, la mente (la nostra "scimmietta" interiore) produrrà paure, flash apocalittici. È normale. La mente è programmata per la sopravvivenza, non per la felicità. Torna alla meditazione, non assecondare questi programmi. Chiediti, dopo aver superato la paura: "Sono ancora sulla strada giusta o ho avuto un abbaglio?".
  6. Passi concreti (in penna): Se la tua anima conferma, i prossimi passi scrivili "in penna". Saranno più definiti. Nuova meditazione, nuovo distacco.
  7. La lettera di dimissioni (o di missione): A un certo punto, potrebbe essere il momento di scrivere quella "lettera di dimissioni" dal vecchio (ad esempio, dal lavoro che non ti risuona più). Scrivila con amore, riconoscendo ciò che ti ha dato, perché comunque ti ha permesso di sopravvivere. Questa lettera è più una "lettera di missione" verso la tua nuova vita. Se senti paura nello scriverla, è tornata la scimmietta! Medita, e poi chiediti cosa fare una volta rinunciato a quella paura. Arriveranno spunti spontanei.

Questo è il movimento per la vita, ma non è lo scopo di vita, perché, lo ripeto, lo scopo di vita imposto dall'esterno non esiste.

"Basta favole, Babbo Natale ha più probabilità di esistere che uno scopo di vita predefinito per te stesso."

Scegli tu semplicemente come vuoi plasmare la tua esistenza. Mi sembra un approccio più bello, più adulto, più da persona autonoma e da essere divino che guarda con godimento a questo meraviglioso pianeta e al semplice "esserci".

Un abbraccio a tutti.

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